di Roberto Mirasola
Il centro urbano di Cagliari vive oggi una crisi socio economica sempre più preoccupante. L’eccessiva presenza della grande distribuzione nell’hinterland cittadino non fa altro che accentuare la crisi del piccolo commercio, dell’artigianato e di conseguenza dell’occupazione. Di fatto si assume con contratti che alimentano il precariato e non creano occupazione. E’ evidente la responsabilità dell’amministrazione cittadina che non è riuscita a salvaguardare le esigenze della città, privilegiando, e questo è un paradosso, i comuni limitrofi senza creare poi uno sviluppo sinergico.
E’ necessario, dunque, ripristinare un’azione di marketing urbano che tuteli le professionalità che sono state e sono protagoniste della storia cittadina. Sicuramente non lo si fa se aumentano, all’interno del centro storico, i grandi marchi in franchising e chiudono invece i negozi storici e le botteghe artigiane. E’ necessario che l’Amministrazione comunale si riappropri del ruolo che le compete: attore principale dello sviluppo economico, imparando ad ascoltare gli operatori economici ed i cittadini residenti. Si può e si deve portare avanti un interesse comune.
Ciò non avviene. Ad esempio, l’operazione che oggi si fa all’interno del quartiere di Villanova, va verso la direzione opposta. Il disegno attuale prevede un aumento dei prezzi del mercato immobiliare che favorirà la rendita a discapito dei cittadini residenti che saranno costretti a spostarsi sempre di più nelle periferie extracittadine; la nascita poi di attività con target di riferimento elevati non agevolerà di certo le imprese e le botteghe alimentari, che oggi svolgono un servizio importante nei confronti della popolazione residente. L’esempio di ciò che è avvenuto in Castello è sotto gli occhi di tutti.
Non si può, poi, prescindere dal ruolo fondamentale del turismo che in realtà corrisponde alle esigenze dei residenti stessi. Il turista infatti attribuisce minor importanza alla presenza di outlet nel centro storico e privilegia la tipicità del commercio cittadino rappresentata ad esempio dai negozi storici che testimoniano il patrimonio storico della città. Questi purtroppo sono costretti a chiudere, rendendo evidenti le responsabilità politiche e le sue assenze; si “vende” Castello per i turisti, ma in realtà è un quartiere dove non c’è un Tabacchi, non c’è un bancomat e non ci sono neanche dei servizi igienici per i gruppi che si avventurano tra le sue strade.
Castello presentato così, non va bene per i turisti ma neanche per i residenti, che per fare la spesa hanno una sola bottega per tutto il quartiere.
Mancano le botteghe essenziali, ma latitano anche i negozi artigianali e le attività agroalimentari capaci di rappresentare la tipicità della produzione locale; compito di un’amministrazione seria deve essere quello di tutelare anche questo tipo di patrimonio. Senza dimenticare che lo sviluppo di queste attività consente una efficace distribuzione del reddito cosa che non accade con la grande distribuzione, dove la ricchezza è nelle mani di pochi e il più delle volte la proprietà è anche straniera.
Queste riflessioni sono frutto di anni d’ascolto delle problematiche della piccola impresa e mi convincono sempre di più che cambiare è possibile, a patto che si abbia il coraggio di voltare pagina.
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Bravo Roberto, considerazioni analoghe le avevamo già fatte nel corso della Confesercenti; come si vede purtroppo il centro commerciale naturale di Cagliari và a rilento, si può e si deve fare di più. Dove è finito ilk progetto di grande isola pedonale con piccole bancarelle tipiche dal Largo Carlo Felice al porto?
Saluti